editoriale
Il declino dell'America
di Ida Magli
ItalianiLiberi | 09/11/2008
Si
chiude con la nomina di Obama alla presidenza dell’America il lungo
periodo nel quale la civiltà europea, sotto l’ambigua definizione di
”Occidente”, ha finto di essere tutt’uno con quella americana. In
realtà la civiltà americana è profondamente diversa, anche se
alimentata da quella europea soprattutto attraverso la capacità di
invenzione creativa dei primi immigrati: italiani, svedesi, tedeschi…
La nota fondamentale che l’ha totalmente differenziata da quella
europea è stata la predominanza dello spirito e del costume
dell’Antico Testamento che ha accomunato i vari gruppi protestanti ai
numerosissimi ebrei. Sono stati questi a dare l’impulso
imprenditoriale, a basare su Dio e sul Mercato la fede in se stessi
degli Americani, a fare del commercio e della finanza gli strumenti
della massima virtù, quella che quando ha successo, è giusta, e dà
diritto alla supremazia su ogni altro popolo. L’etica protestante e lo
spirito del capitalismo non sono soltanto una tesi filosofica ma la
spiegazione di un modo di essere e di pensare. D’altra parte sono stati
gli stessi intellettuali ebrei fuggiti dalla Germania nazista a fornire
alla giovane America, attraverso l’enorme capacità di suggestione della
filmografia, l’epopea indispensabile alla grandezza di un Impero.
Quasi tutti i più grandi registi del primo cinema classico americano,
sono ebrei tedeschi che hanno trasformato la narrazione della conquista
del West in un grande, drammatico “mito di fondazione”, sul quale
incombe, prima della vittoria finale, l’inevitabilità del sangue e
della morte, il cupo destino della tragedia greca. L’attacco alle
Torri Gemelle è stato compiuto quando era ormai certo che il lungo
periodo della potenza americana era finito. Difficile dire con certezza
che cosa ne abbia minato le basi. Un fattore però è sicuro: è venuta
meno “l’etica del capitalismo”, ossia ciò che permetteva a chi
accumulava ricchezza di essere e di sentirsi onesto, premiato da Dio.
L’odierno crollo delle banche ne è soltanto una delle prove finali. Per
questo non si mettono in prigione i responsabili: significherebbe
prenderne atto. L’ingiustizia verso i poveri, provocata dall’accumulo
delle ricchezze attraverso la globalizzazione dei mercati, è però
troppo evidente per potersi ancora illudere di essere benedetti da Dio.
I poveri sono oggi per definizione gli uomini di colore. Da qui la
nomina di Obama: è venuta l’ora dei neri. Inclusi ovviamente nei “neri”
tutti i vari tipi di colore e tutti i vari tipi di subalternità, tranne
quello femminile (sulla sconfitta attuale delle donne purtroppo non è
possibile soffermarsi in questo contesto). Ma la nomina di Obama
certifica la consapevolezza del declino dell’America. E dunque del
declino di tutto l’Occidente. Non si capisce perché l’Europa si
rallegri tanto: è la civiltà dei bianchi che da oggi è
minoritaria e subalterna. L’unico vantaggio è quello di poter
finalmente parlare di bianchi e di neri, di potersi scuotere
dall’oppressione del “politicamente corretto”, la più stupida e più
falsa delle censure, e combattere così ad armi pari. Il silenzio che è
stato conservato durante la campagna elettorale sul fatto che si
trattava della battaglia fra “l’ultimo dei bianchi” (non a caso un
vecchio combattente di una guerra diventata simbolo della sconfitta dei
bianchi) è stato ovviamente un silenzio ipocrita dato che nessuno
ignorava quale fosse la vera posta in gioco. E’ giusto che abbia vinto
Obama ed è giusto che esulti tutto il mondo di colore, e non soltanto
quello arabo, come hanno sottolineato i giornali. Esulti per il motivo
più umano, più naturale: la supremazia del proprio essere, della
propria identità che è tutt’uno con il proprio corpo, il riscatto dalla
storia di subordinazione antica dovuta alla pelle nera. Figurarsi se i
neri non vorranno che si dica, che si metta in rilievo che il
Presidente degli Stati Uniti d’America è un nero! Come si può essere
tanto stolti da pensare che non sia così. E tanto stolti da non capire
che il declino dell’America è declino di tutto l’Occidente. L’
Europa deve immediatamente riflettere sul proprio modello di sviluppo e
cambiarne le basi fondamentali, proprio quelle che aveva costruito in
analogia con l’America. Possiamo soltanto sperare che i governanti
italiani siano i più pronti a capire quale sia la direzione nella quale
non si deve andare. Ida Magli
Roma, 7 Novembre 2008
|
|