eDITORIALE

Il Presidente Klaus
e l'ultima firma

di Ida Magli
ItalianiLiberi | 21/10/2009



  Il presidente della Repubblica Ceca, Vaclav Klaus, da sempre contrario all’unificazione europea, è rimasto l’ultimo a dover firmare il trattato di Lisbona. Sia lui che il presidente polacco, Lech Kaczynski, avevano atteso il risultato del referendum irlandese, nella speranza che un “No” degli Irlandesi li salvasse dall’ingrato compito di affossare quella Costituzione sui generis, chiamata “trattato”, composta di oltre 300 pagine e che nessun cittadino d’Europa ha letto, ma senza la quale l’Unione Europea non può assumere una piena veste politica. Purtroppo, però, gli Irlandesi hanno tradito la passione per la patria e per la libertà che li ha sempre caratterizzati nella storia e si sono lasciati comprare dal luccichio dei generosissimi doni che il maggiore interessato alla nascita del nuovo impero, José M. Barroso, ha fatto brillare davanti ai loro occhi.
Una volta superato lo scoglio dell’Irlanda, è toccato al Presidente polacco decidersi a firmare la carta costituzionale, già ratificata nell’aprile del 2008 dal Parlamento. La cerimonia è avvenuta in forma solenne a Varsavia, nel palazzo presidenziale, in presenza dello stesso Barroso, del premier svedese, presidente di turno dell’UE, Fredrik Reinfeldt, e del presidente dell’europarlamento, Jerzy Buzek (mi soffermo a fare dei nomi per far notare ai lettori fino a che punto siamo tornati all’impero medioevale, governati e comandati da stranieri che non conosciamo minimamente e che, anche se si degnassero di rivolgerci la parola, non capiremmo). All’ultimo momento Kaczynski è riuscito a far inserire una postilla al Trattato con una deroga per Varsavia sul suo carattere di Stato nazionale. Inutile dire che questi pentimenti in extremis rappresentano il maggior segno della vigliaccheria dei governanti, incapaci di opporsi all’unificazione europea, pur percependone l’incalcolabile gravità, e al tempo stesso tanto autocrati da non lasciare la decisione ai popoli.
 
     Una volta piegato Kaczynski, tutti gli occhi si sono puntati su Praga. Come è possibile a chi è uscito dall’inferno sovietico, decidere volontariamente di perdere l’indipendenza e la libertà, di tornare a far parte di un impero? Nessun paese è al sicuro in Europa da una fortissima dittatura, una dittatura che, già evidente nel modo antidemocratico con il quale sono state imposte fino ad oggi le delibere dei Commissari (dovrebbe far riflettere questo nome che si sono dati di “Commissari”, invece che di “Ministri”, analogo a quello esistente nel governo sovietico, non per nulla anch’esso “Unione”), sarà indispensabile per mantenere l’ordine e governare oltre mezzo miliardo di persone appartenenti a patrie diverse, lingue diverse, storie diverse, costumi diversi. Vaclav Klaus ne è perfettamente consapevole e ha sempre manifestato la sua avversione all’UE. Adesso, però, non può più tergiversare, anche se ha chiesto, come condizione, per la Repubblica Ceca una deroga al Trattato che salvaguardi la sovranità della sua magistratura. In realtà, però, la situazione è per Klaus delicatissima e sicuramente molto penosa visto che ormai l’entrata in vigore dell’unico vero testo che costituisce l’Unione dipende soltanto da lui.

Gli Italiani Liberi hanno voluto incoraggiarlo a resistere e soprattutto dirgli che non è solo a temere per la libertà della Patria, scrivendogli una lettera che riproduciamo qui sotto. Noi speriamo che molti dei nostri lettori si impegneranno nel far conoscere questa iniziativa nei vari paesi d’Europa in modo da far giungere a Klaus la solidarietà dei tanti cittadini ai quali, come agli Italiani, non è stato concesso di esprimere la propria volontà riguardo all’unificazione. 

Ida Magli

Roma - 20 Ottobre 2009



 
 















 
 
 
 

 

 
 
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